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Immortalità

Il libro della Sapienza ci pres4enta Dio che crea per la vita, non per la morte. E sotto questa affermazione si considera il peccato come opposizione a Dio e ai suoi progetti, perciò anche contro il progetto della vita.

L’immortalità, però, fu spesso interpretata come continuazione della vita corporea, all’infinito nel tempo.

A parte la contraddizione tra la vita corporea, segnata da sviluppo necessario e da corrispondente necessario decadimento, e l’immortalità, come arresto all’indefinito delle funzioni fisiologiche, la Scrittura specifica quale tipo di male e di morte si oppone al progetto di vita, ideato da Dio.

Infatti “smettete di ricercare la morte con gli errori della vostra vita, e di attirarvi la rovina con le opere delle vostre mani” (Sap 1,12). La morte è l’uomo che si consegna al male, è l’empio che si consuma per la morte, “chiamandola amica”.

Evidentemente qui non si tratta di una immortalità fisica-biologica, ma di una immortalità “spirituale”: “la giustizia infatti è immortale”.

Gesù restituì l’uomo a se stesso, mentre lo restituiva al Padre. La vita, per Gesù, era lui stesso. “Io sono la vita”. E egli appresta “un cibo che non perisce”, cioè se stesso uomo, carne e sangue perciò uomo concreto autentico, secondo quanto ci dice il linguaggio semitico dei tempi di Gesù.

Nel mondo entra la morte grazie al peccato dell’uomo. La vita è restituita integra grazie alla grazia di Gesù.

Perciò le fanciullesche fantasie sulla possibilità di una vita fisica illimitata, non fanno parte della visione cristiana, e forse sono un portato della ribellione a Dio.

GCM 06.07.06