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Fratello libro

Quando penso a un libro o me lo vedo davanti agli occhi (ne sono gioiosamente circondato nella mia cella, nello studio dove lavoro, nella biblioteca del convento), mi sovviene di quel confratello, che appena adibito al compito di bibliotecario, per prima cosa pensò a come eliminare i libri dalla biblioteca. È comprensibile: spesso i superiori attribuiscono incarichi non secondo le capacità dei frati, ma convinti che l’obbedienza faccia sempre miracoli, tra gli altri anche quello di trasformare un bibliomiso in un bibliofilo!

Non tutti, è vero, considerano il libro come un nemico da eliminare, soprattutto quando il libro – come nel caso citato – ricorda le sconfitte del periodo scolastico. Alcuni, o i più, vedono il libro come un semplice strumento di cui servirsi.

S. Francesco insegna, a noi francescani, un altro atteggiamento. Egli sentiva suoi fratelli e sue sorelle tutte le creature: dal sole alla formica, e a “sor aqua la quale è molto utile et umile e preziosa et casta”: utile sì, ma sempre sorella. In tutte le creature egli vedeva esseri da amare e da stimare, perché in loro era insita la possibilità di dar lode a  Dio. Anzi la lode a  Dio, passava attraverso le creature: “per sora acqua”, attraverso sorella acqua.

Conformandomi a Francesco, il mio atteggiamento verso il libro si è fatto sereno e fraterno. I libri devono aiutare a percepire la bellezza, la bontà  e la verità. Certi libri, purtroppo, che spingono al vizio e alla cattiveria non possono vantare l’onore di esser libri: sono contraffazioni maligne, perché in essi si nasconde “il Satana”, per usare uno dei tanti nomi del male.

Il libro per me è un amico da amare. Trattandolo con amore, esso mi restituisce amore: ossia uomini che vengono conosciuti, cieli che si aprono, cuori che inneggiano.

Io non strumentalizzo i libri, ma cammino felicemente accanto a essi, perché portano un messaggio, che mi raggiunge da un altra persona. Con il libro io mi introduco in un dialogo.

Quando io scrivo un libro o un articolo, io trovo vicino a me la persona che mi leggerà: con lei parlo. Sono convinto che chiunque scrive un libro, il quale porta necessariamente l’impronta dell’autore, pensi a chi lo leggerà, e glielo offre. Da quel momento si inizia il dialogo.

GCM 25.02.07