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Povertà

E’ possibile la povertà francescana in un paese del benessere? Povertà francescana è un vivere poveri per scelta.

Ammettiamo che in una società è stimata povera una persona, che vive al di sotto dello standard medio di quella stessa società. Ne consegue che non esiste una povertà assoluta, ma una povertà relativa. Già S. Francesco nell’indicare il vestimento dei suoi frati, ammetteva che il vestito doveva adattarsi alla regione, ai tempi e tener conto del freddo.

Essere poveri nel paese del benessere crea necessariamente delle domande e cerca risposte, che non siano circoli di parole a servizio dei nostri comodi.

Aggiungiamo anche la considerazione che ogni francescano esce da una famiglia, povera o agiata, nella quale la povertà è intesa, o vissuta nella propria pelle, in maniere molto diverse.

E’ proprio dal personale modo di sentire che ciascuno misura la povertà. Perciò in ogni comunità ci sono tanti modi di concepire la povertà quante sono le persone che vivono in quel convento.

E forse da qui è necessario avviare la ricerca di una risposta. Infatti la prima povertà nasce dal non pretendere che la mia povertà sia la misura assoluta della povertà di tutti.

Poi c’è un raffronto da stabilire con l’ambiente conventuale: tutto ciò che un convento possiede serve davvero alla vita e all’attività del gruppo o dei singoli?

E il raffronto più ampio, avviene con l’ambiente che circonda il convento.

E la povertà del mondo è uno stimolo a vivere modestamente per salvare altri?

GCM 19.08.05