HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2012 > Stanchezza con Dio

Stanchezza con Dio

23.03.12

Si lavora e ci si stanca. Si legge e ci si stanca. Si cammina e ci si stanca. Si prega e ci si stanca. Ci si diverte e ci si stanca. La stanchezza può essere riportata alla quotidianità dell’Eucarestia, della presenza di Gesù in ciascuno di noi, che formiamo la sua Chiesa?

La stanchezza è un segno inequivocabile del nostro bisogno di rigenerazione, di ricarica energetica. Solo quando una grande passione ci stimola, non avvertiamo la stanchezza, mentre essa intanto ci prepara, silenziosamente, l’esplosione, il burn-out.

La stanchezza è un provvidenziale intervento di Dio, infilato nei nostri muscoli e nei nostri nervi (guida: il cervello), che ci invita a fermarci e a respirare. Il riposo dopo la fatica, che è un esercizio anticipatorio dell’ultimo riposo, dopo la vita. Riposo nelle braccia del Padre. Anche la sosta settimanale, per noi cristiani, si articola nel “dies dominica”, nel giorno del Signore.

Se la stanchezza è un invito paterno a smettere, l’opporsi alla stanchezza, anche con la costrizione medica della chimica, è un rischiare di porci in disarmonia con nostro Padre, un tentativo di scansarci dall’ambiente eucaristico.

L’unica opposizione, benedetta da Dio, alla stanchezza, e al conseguente riposo, è esigita soltanto dalla necessità di un’azione di amore al prossimo posto in situazioni urgenti.

Gesù, che aveva programmato un riposo con i suoi, reduci da fatiche apostoliche, giunto al luogo del riposo, vede molte persone che cercano la sua guida. Egli dimentica il riposo per sovvenire a queste persone. Così come egli si dimentica di mangiare, quando conduce la samaritana alla conversione. Quello stesso Gesù, invece, a poche ore dalla sua prevista cattura e morte, si pone a tavola con i suoi. E fa Eucarestia. Festeggia.

GCM 27.08.11