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Elogio della debolezza 6

11.06.12

La perfezione è sulla bocca di molti, e nella vita di nessuno.

Perfino i cristiani tendono alla perfezione, che, alla fine dei conti, null’altro è se non un’estetica morale.

Tutti vogliono la perfezione, e si illudono di trovarla finalmente nel volto ben proporzionato di una donna (che si scopre dedita all’alcool) o nel goal riuscito di un calciatore (che poi viene cacciato dal campo per un grosso fallo).

Tutti dichiarano che la perfezione non è di questo mondo, e poi la cercano con il lanternino, e si esaltano se trovano qualche oggetto, semplicemente riuscito.

Anche i cristiani (non tutti e sicuramente non quelli che di solito sono definiti “santi”) si dice che devono tendere alla perfezione. Taluni di essi si accusano e si sforzano di pentirsi delle proprie imperfezioni.

Quanta inutile e sterile accademia!

Imperfetti siamo e imperfetti resteremo fino alla morte.

La perfezione cristiana consiste nell’accettare l’imperfezione e servirsi di essa per amare Dio. Amarlo con il nostro continuo ricorso a lui, affinché ci sorregga nel nostro quotidiano sostenere la nostra imperfezione, e ci doni l’intelligenza capace di sfruttare la nostra imperfezione per renderla occasione di confidenza in Dio e di lode a Lui.

Anche la lode deve diventare la nostra ineludibile imperfezione. Infatti essa ci fa vedere più chiara la perfezione di nostro Padre, e la grandezza del suo amore nell’amare quelle piccole cose che siamo noi.
Imperfezione: arma di produzione di umiltà; umiltà vera produttrice di serenità per i nostri piccoli cuori.

GCM 09.11.11