Gioia

Come si fa ad essere cristiani tristi, quando Gesù assicura che ci dona la sua gioia (proprio così!) per rendere completa la nostra gioia?

Il Vangelo è Vangelo (appunto) della gioia, è annuncio per contagiare di gioia.

All’inizio della 1° lettera di Giovanni, lo scrittore afferma: “E queste cose scriviamo noi, affinché la nostra gioia sia compiuta”.

Gesù parla affinché si completi la gioia di chi ascolta. Giovanni vede l’altro lato della prospettiva: egli scrive per completare la gioia dello scrivente.

Con tutto questo profluvio di gioia, perché il nostro cristianesimo resta triste, e la Risurrezione di Gesù che “rese pieni di gioia i suoi discepoli”, ha perduto la sua carica di gioia?

L’ha perduta essa, o ci siamo scostati noi dalla gioia della Risurrezione?

Sì, purtroppo noi siamo in grado di tarpare la gioia, che scoppia dalla Risurrezione. Non ci lasciamo andare al sorriso dei risorti in Gesù? Ci mette paura la gioia? Crediamo di diventare stolti ridendo per Gesù? Paolo: “siamo reputati stolti”! Però la stoltezza di Dio è più saggia di ogni filosofia.

Certamente la gioia del credente, non si alimenta con un professionismo di gioia. Essa è la naturale condizione della fede.

Perché lo Spirito Santo è diffuso nei nostri cuori.

Gesù, pone nella comunione d’amore con il Padre, la fonte della gioia. “Come il Padre ha amato me, così io amo voi”. Restare nell’amore, Gesù lo declina con l’osservare, ossia immergerci, nelle sue esigenze. Quanto più ci assimiliamo a Gesù, tanto più aumenta la gioia.

GCM 05.05.10, pubbl 08.09.10