Odo, non molto lontano, il rumoreggiare solenne di un temporale. Posso riflettere su di esso, perché mi trovo protetto: almeno così mi sembra.
Posso vedere nel temporale un annuncio del Padre, così come in ogni “tentazione”?
I popoli dell’Antico Testamento, come chiaramente è rilevato dai Salmi, vedevano nei tuoni, nei fulmini, nei terremoti teofanie del terribile Onnipotente. Così come i pagani descrivevano Giove il tonante.
Il temporale, a chi possiede un minimo di semplicità, incute tensione e paura. I più coraggiosi, di solito, incappano nei fulmini.
Anche il temporale, come ogni altro dolore e come la morte, per chi crede in Gesù Risorto, fa parte delle realtà penultime. Infatti sofferenza e morte non sono l’ultima catastrofe, dopo la quale c’è il buio atroce, il nulla.
Ogni sofferenza è un richiamo alla realtà. La nostra realtà povera e limitata, precaria e fragile, si scopre tutta nei momenti di sofferenza. Allora cadono le illusioni su di noi, e sugli altri, che iniziamo a vedere né più buoni né più malvagi di come noi li immaginiamo.
Ricondotti alla nostra misura, se il pensiero delle presenza di Dio è sveglio in noi e se, quindi, lo invochiamo, subito percepiamo la sua grandezza e la sua misericordia. Ci rivolgiamo a Lui presente, riconoscendo la gloria divina, propria del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. E comprendiamo meglio quel “Ecco la serva del Signore, avvenga a me, secondo la tua parola”.
Anche il temporale è una porta aperta a Dio: per chi crede.
GCM 30.08.07