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Ricchezza e povertà

Esiste una povertà, nelle comunità francescane, che potrebbe e dovrebbe essere evitata e soppressa.

Francesco voleva la povertà dei mezzi materiali, a favore della ricchezza spirituale. Capitolo 6 della Regola: “questa è quell’altezza dell’altissima povertà, che costituì voi, miei fratelli, eredi e re del regno dei cieli, vi fece poveri, ma vi sublimò con le virtù”. Quest’ultima frase in latino è chiara: “Pauperes rebus fecit, virtutibus sublimavit”.

Il tarlo delle comunità è l’invidia.

Ho osservato che, nei conventi, colui che cerca la borghesità dell’agiatezza, cerca di distruggere il bene che compiono gli altri. Quando costui ha responsabilità amministrative, arricchisce il convento di mezzi anche superflui, e combatte chi agisce per allargare i beni spirituali. E questo combattimento è condotto con zelo crescente, seminando la comunità di vittime.

Eppure coma sarebbe facile e magnifico il contrario. Una comunità modesta di beni materiali, e ricca di frutti spirituali.

Se i componenti di una famiglia o di una convivenza fossero capaci di riconoscere le qualità (carismi!) degli altri, la famiglia o la convivenza si arricchirebbe a dismisura nella sua dimensione umana.

Riconoscere il bene, le qualità, le opere di chi ci sta attorno. E poi goderne!

L’invidia  è incapace di godere. Nell’invidia non alberga la gioia, ma la rabbia, il rodersi dentro. Non per nulla gli invidiosi, di solito, si riducono a essere magri e macilenti.

S.Francesco è stato capovolto: ricchi di cose, e poveri di virtù.

GCM 02.05.07