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La porta stretta

Con Mosè, gli Ebrei attraversavano il deserto, per riacquistare la dignità e la libertà di popolo. Il viaggio si snodava attraverso difficoltà, che provocavano continue mormorazioni e recriminazioni contro Mosè e il suo Dio.

Essi si fermavano a considerare le difficoltà incontrate nel viaggio, fame sete serpenti, e dimenticavano l’esito sublime della libertà. Non riuscivano ad affrontare le difficoltà presenti, con lo sguardo rivolto verso la luce finale.

Per me la lezione è chiara. Risuscitare lo sguardo finale, per capire la difficoltà presente. La finale di ogni viaggio, compreso quello della vita, è riposo, distensione, gioia. Dice il salmo che coloro che si lamentano del viaggio “non entreranno nel luogo del mio riposo”.

Non sempre l’ingresso nel riposo è facile: per crucem ad lucem. La porta è stretta, secondo quanto ci dice il nostro caro Gesù. Per ogni vera gioia la porta è stretta, perché esige adattamento e coraggio, che possono nascere soltanto da ciascuno di noi, con l’energia dello Spirito Santo.

Eppure già durante il cammino nel silenzio e nel deserto della vita incontriamo delle oasi. La prima e più inebriante di esse è la preghiera, compiuta nell’amore. Una preghiera che ci fa sentire in Dio, e ci fa sentire Dio in noi.

Ogni sofferenza può diventare l’ingresso stretto nella gioia. La sofferenza della solitudine, dell’insuccesso, della malattia.

Se mi riuscisse, sotto l’influsso dello Spirito Santo che può fare ogni miracolo in me, a considerare la morte, non come tramonto e perdita, ma come porta stretta per entrare nella gioia della Risurrezione, continuerei a ringraziare Dio per la morte.

GCM 14.09.06