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L'alterigia del benefattore

Vivo accanto a una persona anziana, molto lucida e autosufficiente.

Alcune persone si sono proposte di aiutarlo, e sono zelanti nei servizi a lui. Lo zelo di servire...sembrerebbe un’azione santa, e come azione benefica di fatto è esibita.

Pur di essere servizievoli, queste persone soffocano l’anziano e lo umiliano. Infatti, i servizievoli benefattori impongono le loro iniziative. “Mangi (meglio, mangia, così si esprime uno più giovane di quarant’anni) questo, che le fa bene!”. “Oggi deve camminare!”. “Si tronchi le unghie!”. “Non si muova, ché faccio tutto io!”.

E così l’anziano, che si sente sazio e che vorrebbe, in quella circostanza, mangiare solo qualche frutto, deve appesantire lo stomaco e ruttare.

Quando egli desidera compiere qualche passo per sentirsi ancora vivo, deve restare seduto. E quando ha deciso di cimare le unghie il giorno dopo, perché oggi gli urge di accudire ad altre faccende, è costretto a sacrificare ciò che gli garba, per aderire a ciò che gli viene imposto.

Chi si propone di aiutare - per mestiere o per scelta ascetica - bada a se stesso e molto meno all’anziano. Impone la propria volontà. Svolge l’alterigia del benefattore. “Tu hai bisogno di me, e io ti dirigo a mio piacere!”. Questa è la perversione della cosiddetta beneficenza. Gesù indicava a Pietro la sua futura sofferenza: “Quando sarai anziano allargherai le braccia, un altro ti vestirà e ti condurrà dove tu non vuoi”.

Perché non rispettare i molti residui di indipendenza, che un anziano ancora possiede?

CGM 26.06.06