HOME

Home > ITINERARIO e PSICOLOGIA > Articoli 2006 > Due solitudini

Due solitudini

Sappiamo che esistono due solitudini. È bene ricordarlo sempre, e in modo particolare quando un suicidio colpisce la nostra sensibilità.

Molte persone si crucciano e lamentano di esser lasciate sole. Altre accusano la società o gli individui di lasciar soli e abbandonati alcuni poveri sofferenti di solitudine.

Ho visto che alcuni suicidi, pur seguiti dai genitori o dagli amici, quando hanno deciso di andarsene, se ne sono tranquillamente (si fa per dire) andati.

Allora è necessario capire che, nella vita, si accumulano due solitudini: quella esteriore e quella interiore.

La solitudine esteriore è dovuta all’ambiente in cui si vive: abbandono o poca attenzione dei genitori, incompetenza della scuola o della parrocchia, emarginazione sociale, inefficienza dei servizi sociali degli enti pubblici, abbandono da parte dei cosiddetti amici, ecc.

Il suicida, che nutre un fondo di depressione, nutre dentro di sé il dolore di essere abbandonato da se stesso. E se dalla solitudine esteriore possono liberare gli altri, dalla solitudine interiore si può liberare soltanto lui, l’individuo interessato. Un contino lavorio in se stesso, il chiedere davvero l’aiuto di un esperto, la preghiera come autentico dialogo con il Padre, sono coefficienti che la persona depressa deve risvegliare e attuare dentro di sé.

In ciascuno di noi rimane sempre una quota di libertà, che va utilizzata per uscire dalla solitudine.

Purtroppo il suicida scegli di utilizzare quella ultima quota di libertà in modo autodistruttivo. Resta libero fino alla morte. Nelle sue mani, e non in quelle degli altri, sta la libera scelta di come uscire dalla sua solitudine interiore.

GCM 24.01.06