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Orgoglio

Il grande peccato è l’orgoglio. Esso rompe l’armonia dentro di noi e fuori di noi.

Pretendiamo di essere più di ciò che siamo, e pretendiamo che gli altri siano come noi li vogliamo. Pretendiamo perfino di indurre Dio a obbedirci, o lo bestemmiamo se non si piega al livello della nostra ambizione o presunzione.

L’orgoglio nostro pretende che il nostro partner o la nostra partner sia e faccia ciò che noi imponiamo. Che cos’è la eufemica incompatibilità di carattere, se non la protervia di voler cambiare l’altro, rivoltandolo come una calza, fino a farlo diventare ciò che lui non è?

L’orgoglio domina le strutture e le comunità. E’ un orgoglio subdolo, che assume gli statuti come imposizioni, e l’orgoglio ci fa rivestire degli statuti per dominare gli altri. Poiché esiste un orgoglio di massa, che spesso viene camuffato da volontà comune.

L’orgoglio più raffinato, spesso serpeggia nel nostro pregare: vogliamo piegare Dio alle nostre pretese.

Il sacrificio, cruento o no, non si riduce forse a forzare la mano di Dio , che pensiamo renitente alle nostre richieste? E non è orgoglio questo? Piegare Dio al nostro volere, facendoci simili a lui?

La nostra preghiera non orgogliosa è sul modello di quel “Se vuoi, puoi guarirmi”, magari ripetuto infinite volte, ma non imposto.

“Se è possibile, passi da me questo calice: Però si compia non la mia, ma la tua volontà”. Dove ogni traccia di orgoglio è cancellata.

Quale pace e quale gioia possiamo godere, se l’orgoglio domina la relazione con noi, con gli altri, con Dio?

GCM 24.08.05