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Contemplazioni sprecate

Il nostro organismo è creato in vista della risurrezione, è strutturato, fin dall’inizio, per essere risorto. Non siamo per la morte, ma per la risurrezione.

Conseguenza: siccome il risorto è immerso nella contemplazione del Padre, il nostro organismo è strutturato per la contemplazione. L’attività umana è indice di una vita che si muove. La contemplazione è indice di una vita che è, oltre il movimento.

Il movimento è situato nel tempo e nello spazio, assumendo il destino della inevitabile caducità del tempo. La contemplazione è situata oltre il tempo e lo spazio, essendo intimamente segnata dalle esigenze dell’eterno. Il movimento e l’attività devono confrontarsi con l’esigenza della morte. La contemplazione si realizza nell’esigenza della risurrezione e dell’eterno.

Ad ogni modo resta vivida la frase di Agostino: “Ci hai fatti attratti verso di te, e il nostro cuore resta irrequieto se non si effonde in te”.

 L’attività contemplativa, o meglio il riposo contemplativo, è un’esigenza insopprimibile della persona. Se non vogliamo implodere, dobbiamo contemplare.

Eppure esiste uno spreco della contemplazione: se adoriamo il tramonto, o un quadro, o la partita a calcio, o il corpo di una donna o di un Adone.

Spreco di contemplazione nel godere esteticamente in modo “assoluto” di realtà o di bellezze che sono “relative” perché non sono Dio. La contemplazione del relativo deve spingerci a Dio.

Se questa contemplazione si arresta nel relativo, essa si stanca, poiché il relativo non può appagare la sete dell’assoluto.

GCM 14.07.05