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N8 Beatitudine e persecuzione

Gesù indica l’ottimismo, nel gorgo della tragedia. La persecuzione è vista da Gesù, quale occasione o addirittura fonte di beatitudine. Abbiamo visto che il povero possiede il regno dei cieli ed è un assurdo elevato a beatitudine; la persecuzione, corredata da torture fisiche e morali, e anche dalla morte, è l’apice dell’assurdo, che, nella bocca e nella vita di Gesù diventa l’apice della beatitudine.

Guardando Gesù Bambino, vediamo un grande perseguitato già dalla nascita, a causa dell’ingiusto Erode, che ordina l’uccisione dell’innocente, semplicemente perché questi aveva la colpa di essere nato, come frutto dell’obbedienza di Maria all’invito di Dio.

Maria e Giuseppe senz’altro avranno raccontato a Gesù grandicello, la tragedia di quella notte. Essendo stati avvertiti della follia omicida di Erode (quanti di noi fuggirono di notte, avendo appreso, durante la guerra, dell’ordine hitleriano di spedirci in campo di concentramento!), Giuseppe e Maria scapparono. Gesù perseguitato perchè Giuseppe e Maria operarono da giusti, obbedendo a Dio.

Dove sta la beatitudine di un poveraccio che scappa? – “Di loro è il regno dei cieli!”. Così dichiara Gesù.

Sono persone tranquille, calpestate, vilipese (il vilipendio del sorrisino ironico o della tortura nei lager o il soffocamento degli spazi sacri). Sono tranquille e passive, eppure conquistano il regno dei cieli. In quanto perseguitati, acquistano  un diritto immenso: una specie di diritto su Dio (il regno dei cieli è Dio). Una passività produttiva. Il persecutore, che intende sopprimere o paralizzare il perseguitato, al contrario stimola la potenza beatificante del povero e del disgraziato.

Gesù fu perseguitato dai potenti, e durante la sua vita di adulto, spesso scappò anche dal secondo Erode, come narra il Vangelo. Eppure si reputava beato, solo perché obbediva al Padre. Tant’è vero che, durante la fuga, compiva ugualmente azioni di beneficenza e di guarigioni. Capiva i perseguitati “per condivisione”.

02.12.12