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N3 Pianto e consolazione

Continuando le nostre riflessione sull’ottimismo natalizio delle beatitudini, ci incontriamo con quell’ottimismo sfacciato del “Beati gli afflitti!”, cioè coloro che piangono. La beatitudine degli afflitti consiste nella certezza della prossima consolazione, prossima e sicura.

Sappiamo che le beatitudini proclamate da Gesù, sono l’esplosione manifesta della sua esperienza. Gesù constatò in sé la consolazione dopo l’afflizione. Inoltre lui fu consolazione per molti afflitti che a lui si rivolgevano: ammalati, peccatori (anche il peccato è un’afflizione perfino quando lo si gode), problematici come Nicodemo. La sua  presenza e la sua opera infatti alleviavano e guarivano i malati, perdonavano le peccatrici e i peccatori, illuminavano i dubbiosi. Anche il nostro Natale è Natale di beatitudini e di ottimismo.

L’esperienza della consolazione per le afflizioni, Gesù la sperimentò fin dalla nascita. Come tutti i neonati (purtroppo non quelli finiti in cassonetto!) Gesù si mise a frignare. Come tutti i neonati piangeva, quando sentiva una necessità o un disagio, e come tutti i neonati aveva una mamma che accorreva per prenderlo in braccio, offrirgli la poppata, cullarlo fino alla cessazione del pianto.

La mamma di Gesù era la consolazione di Dio fatta persona umana, in Maria. Perciò le afflizioni e i disagi del piccolo Gesù sfociavano nella consolazione del petto e delle braccia di Maria.

La fonte della nostra consolazione predisposta dal Padre, quando ci troviamo afflitti, è il bambino Gesù consolato da Maria. Ed è subito consolazione per ogni figlio, a cominciare da Cristo.

La certezza della consolazione umana è l’accoglienza materna. Perciò in Dio, nostro Padre, viviamo una consolazione di tipo materno. E la beatitudine “Beati gli afflitti, perché saranno consolati” ci svela il volto materno di Dio, quando a Lui ricorriamo nel pianto. È l’ottimismo della speranza.

30.11.12