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Croce breve?

Nella seconda lettera di Paolo ai Corinzi, egli insiste sul valore salvifico della croce. Da essa fa derivare la coesione della stessa comunità di fede.

Egli prende le mosse dal Vangelo, ossia dalla stessa predicazione, che trasferisce a noi la realtà della croce, riferimento sul quale misurarci per verificare la consistenza della fede cristiana.

Perché la croce? La sofferenza estrema di Gesù? La croce, che separa l’uomo dalla vita e dalla società. La croce divide. Perché la croce per guarire una comunità cristiana divisa, come quella di Corinto, allora, e quelle, ora, presenti dentro e fuori i conventi?

Croce di Gesù è una comunità divisa e rissosa. La comunità divisa costituisce la croce attuale di Gesù, nel presente della nostra storia.

S. Agostino dice che tutti noi soffriamo in Gesù, perché da noi egli ha assunto la carne. Il reciproco: la sua gloria divina è partecipata a noi, grazie alla gloria della risurrezione.

Il tuffo di una comunità nella divisione dolorosa, che cerca di dividere ancora una volta Gesù crocifisso, non deve durare a lungo se dobbiamo vivere completamente Gesù.

Prima dei tre giorni di passione e di morte, Gesù era lo sposo in festa con i suoi. Dopo quei tre giorni, risorto e glorioso prende contatto definitivo con i suoi. Nella serenità gioiosa prima e dopo quei tre giorni.

Eppure noi siamo convinti che la croce duri tutta la nostra vita. Perfino di Gesù era scritto in un’opera molto diffusa: “Tota vita Christi fuit crux et martirium”.

Non ci accorgiamo che le nostre “croci” durano a lungo, perché quando arrivano noi le combattiamo, anziché viverle tutte, e, una volta vissute, accorgerci che sono passate: tre giorni.

GCM 27.02.12