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Una sofferenza diversa

Oggi mi colpiscono due fatti: un giornalista che si mette a fare il giustiziere, sicuro di non aver altri scheletri nell’armadio eccetto quello di essere succubo del padrone, e il ricordo dei dolori di Maria. Due fatti che colpiscono la sensibilità, in modo diverso.

Tutti e due si rivolgono alla miseria umana, alla piccolezza dell’uomo. Uno perché si sente superiore alle persone che accusa, l’altra perché si sente inferiore alle sofferenze del figlio. L’uno colpisce, l’altra è colpita. L’uno vuol meravigliare per una vendetta, l’altra si allea a una sofferenza per condividerla.

L’uno suscita sdegno, o contro la persona che colpisce, o contro il padrone che ordina, o contro il suo stesso modo di agire. L’altra suscita compassione, per lei, per il figlio, per le nostre sofferenze.

Per comprendere l’uno è sufficiente un minimo di intelletto. Per comprendere l’altra è necessario tutto il cuore.

La devozione non sgorga da ragionamenti anche teologicamente corretti, ma da intuizioni che vanno da cuore a cuore. Forse la devozione per le sofferenze di Maria, ci aiuta a smuovere quella parte del cervello, che le semplici nozioni o notizie lasciano atrofizzata.

La devozione che si ferma al sentimento non  fa approfondire la realtà; ma se essa penetra il cuore, allora anche le idee teologiche si rischiarano, e le parole acquistano sapore. Sapore per le cose di Dio, sapore che sfocia necessariamente nella sapienza.

Anche il dolore di una madre veicola il cuore alla comprensione di Dio. E nel comprendere in noi Dio, si attua la nostra salvezza, che ci tiene lontani dalle vendette giornalistiche o altre.

GCM 15.09.09