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Venne


     Qualche volta, quando devo pregare insieme con altri, utilizzando formule preconfezionate, sento che non posso farle mio dialogo con il Padre, pronunciando certe traduzioni di frasi del Nuovo Testamento con la versione italiana proposta e imposta.

     Certi salmi li escluderei dalla mia preghiera, perché sono stati superati dal Vangelo. Mi concilio un po’ con loro, al pensiero che quasi sicuramente Gesù li ha utilizzati.

    Però anche frasi consuete ed accettate mi lasciano perplesso. “Signore, vieni in mio aiuto; Signore, vieni presto a salvarmi; il Verbo si è fatto carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Quel verbo “venire” lo escluderei. E’ un verbo di moto a luogo: passaggio da un luogo a un altro. Dio non sta in nessun luogo (lasciamo perdere quel “in ogni luogo” del catechismo del buon veneto Pio X). Dio non risiede in nessun luogo, perciò non può venire. Se ci rivolgiamo al testo latino, di cui le frasi citate pretendono di essere una traduzione, troviamo frasi teologicamente più corrette.

    “Deus, in adiutorium meum intende” è “Dio, rivolgiti ad aiutarmi”.

     “Domine, ad adiuvandum me festina” è “Signore, affrettati ad aiutarmi”.

     Le due frasi suppongono Dio presente, non un Dio distante, come Eliseo diceva degli dei pagani.

     “Et Verbum caro factum est, et habitavit in nobis” è “Il Verbo è diventato carne (uomo) e dimorò (ebbe la sua tenda) dentro di noi”. Il Verbo non ha luogo, perché è “presso Dio”. Egli fu fatto carne e abitò con noi. Si narra quindi di un evento mirabile, non di un viaggio di dislocazione.

     GCM 28.08.07