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Beata fede

Gesù ha pensato a noi, che siamo radunati nel nome di Gesù. Già subito appena risorto (otto giorni dopo), parlando con i suoi discepoli, ci ha definito “Beati!”.

Gesù un dolce rimprovero l’ha rivolto a Tommaso. Era rimprovero, o era indicazione? E’ necessario toccare per credere? Proprio per indicare la poca importanza del toccare, ha dichiarato “beati”, coloro che si fidano di lui, senza vederlo. Tra i beati ci troviamo noi, che crediamo, anche senza averlo toccato.

L’importante: non cancellare la fede, non sottrarci al credere.

Gesù non dichiara beati, quelli che hanno un comportamento irreprensibile, che sono perfetti nell’agire. L’importanza è di mantenere la fede in lui.

Talvolta la nostra debolezza ci fa deragliare. Tuttavia è necessario mantenere la beatitudine della fede. Non è privo di importanza che Gesù, dentro lo stesso brano del Vangelo di Giovanni, conferisca ai discepoli la forza di perdonare, lo Spirito di Dio indirizzato al perdono: “Soffiò su di loro e disse: ricevete lo Spirito Santo”.

Nella fede, che beatifica, ritroviamo il perdono, che rasserena. Due doni dello Spirito per rendere illuminato e percorribile il nostro cammino.

E’ vero che un comportamento delittuoso, prolungato nel tempo, tende a corrodere la fede. Però è la fede che riconduce a Gesù, che perdona, e perdonando ridona quella serenità, che rende più facile il cammino della bontà.

L’inizio e la base è la fiducia in Gesù, che, risorto, si mostra Dio. Figlio di Dio: ossia onnipotente nell’aiutarci. Perciò, come guarisce le malattie, ha potere di rimettere i peccati, e quindi di destarci alla speranza e alla pace.

GCM 11.04.10  -  pubblicato 15.06.10