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Terra e cielo

L’incarnazione di Gesù unisce il cielo alla terra. La sua risurrezione unisce la terra al cielo. E’ completezza, chiusura del cerchio.

“La mia parola è come la pioggia, che ritorna a me, dopo aver prodotto frutti sicuri”.

La risurrezione non è un evento esterno all’uomo. E’ penetrata nel cuore dell’umanità, perché Gesù è penetrato nel pieno dell’umanità, dell’essere uomo.

Il risorto non è un privilegiato, lontano da tutti; egli è un membro connesso con tutti, e non può più scindersi da noi. Il nostro non vivere da risorti è una violenza, a noi e a lui, perché non possiamo staccarci dal mistero di Cristo.

Ogni distacco dal Risorto, nella liturgia vissuta distortamente, e nella vita passata nel pratico ateismo, è una violenza, che non porta pace né a noi né al mondo.

Ogni peccato è violenza contro la risurrezione, l’immenso dono di Dio, perciò diventa offesa a Dio. Spesso non ce ne accorgiamo, non sappiamo quanta violenza racchiude un peccato, eppure peccare è tentare lo strappo da Gesù, è pretendere di rendere vana la risurrezione in noi, e, per conseguenza, nel mondo.

Perciò il considerare il peccato come distacco da Dio e il sacramento come riconciliazione a Lui, è solo un lato dell’azione. L’altro lato è, invece, dato dall’impossibilità di staccarci da lui, come i bambini che rifiutano di stare in grembo alla madre. Violenza.

Ecco perché il peccare ci rende tristi, così tristi da farci dimenticare il Padre.

GCM 14.04.09