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Uniti in Gesù

Tra le molte cose che non capisco, c’è anche questa: da molti responsabili della cosiddetta pastorale (cioè non solo cura, ma soprattutto organizzazione dentro il recinto cattolico) si dichiara che l’azione di santificazione (!) dei cristiani credenti deve essere unitaria.

Anche questo potrebbe rappresentare e attivare il senso trinitario nella chiesa. Però proprio il senso trinitario non sempre lo si può vivere.

Nella dolce Trinità, l’unità tra le persone divine è formata da tre uguali e distinte. Uguali nella sostanza, ma distinte nel loro porsi in relazione, di modo che il Padre non è il Figlio, anzi per essere Padre deve avere un  Figlio distinto da sé.
L’unità in Dio, non è confusione o uniformità.

Invece osservo che quando si parla di unità nella pastorale, si pensa, da parte dei potenti di turno, di creare funzioni da assegnare a chi aderisce.

S. Paolo, quando nelle chiese parlava dei carismi, lui non li creava, ma li riconosceva come doni dello Spirito, sui quali Paolo non aveva potere. Egli li regolava non li creava, o, peggio, li distruggeva.

Purtroppo, quando nelle diocesi si prospetta il collegamento tra clero secolare e clero oppure comunità religiose, si vorrebbe aggregare i religiosi, invece di riconoscere la loro specificità, ed avviare presso di loro, per alcune manifestazioni, le persone per farle godere delle specifiche competenze dei religiosi.

La pastorale d’insieme non può spegnere i carismi, per giungere a una organizzazione militaresca. E’ un po’ strano che, perfino nell’anno dedicato a S. Paolo, si dimentichi il suo insegnamento.

GCM 03.08.08