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Profezia e Messia

“Sono io, quello che ti parla”. Gesù si palesa, senza paura di essere frainteso. Egli si dichiara Messia a una samaritana, mentre impedisce al nemico di dichiarare ciò che Gesù è.

Pietro confessa Gesù, sotto l’azione del Padre. Qui è Gesù stesso, che si mostra.

Egli, parlando con la donna di Samaria, aveva indicato il superamento della religione (“né su questo monte, né a Gerusalemme”). Aveva quindi enunciato una verità sconvolgente: Dio non ha bisogno di una religione, perché Egli è spirito autentico.

La donna, davanti alle affermazioni di Gesù, si mostra disposta a credere, se quello che stava dicendo Gesù, fosse confermato dal “Messia che deve venire”. Gesù stava dicendo il vero, lui che aveva prima scoperto la verità umiliante della donna.

 La verità umana può, sì, essere scoperta da un profeta. La verità di Dio, doveva essere autenticata soltanto dal Messia.

I piani erano chiari e distinti. Perciò è necessario attendere il “Messia che deve venire”, il quale superi l’autorità di un  profeta.

Gesù, da profeta, aveva rivelato la realtà peccaminosa della donna. Gesù, solo in quanto Messia, era in grado di svelare la realtà sublime di Dio.

Un profeta non è in grado di manifestare Dio, mentre può indicare molte realtà riguardanti l’uomo.E qui ricordiamo l’opera di profeti quali Buddha o Maometto. Ricordiamo tutta la sapienza e il fervore religioso dei profeti di Israele, che si rifacevano ai detti di Jahveh.

Ma penetrare nella profondità di Dio, era compito e facoltà soltanto di chi “era nel seno del Padre”. Tramite Mosè viene la legge, ma solo tramite l’Unigenito viene il dono di indicare l’unico “Vero”.

Il Vero si rivela: “Sono io, che ti parlo!”.

GCM 27.03.11, pubblicato 19.06.11