Esigenza d’amore

Quando Gesù ci avvisa che la più chiara esigenza divina è quella di amare, non fa null’altro che riportarci a noi stessi.

Prima della nascita, alla nascita, nella prima infanzia, essere amati è l’esigenza per esistere. Essere amati è semplice esercizio all’amore, quando il bambino si accorgerà che esistono anche animali e persone, e passerà dall’essere amato all’affezionarsi. Affezionarsi è un primo passo all’autotrascendenza grazie all’impulso naturale di amare.

Affezionarsi alla mamma, al babbo, al balocco, al micio o al criceto.

Questa naturale uscita dall’autoamore a un amore per altro da sé, si svilupperà in amore, quando il bambino s’accorgerà che l’altro o l’altra è come lui. E soprattutto, quando tra gli altri, scoprirà che c’è Dio.

Siamo fatti per amare, proprio perché siamo fatti per essere amati e per amarci.

Purtroppo subentra “l’educazione”. Il troppo solerte educatore, pretende (e non raramente con busse) che il bambino ami, quando non ha completato felicemente il periodo dell’essere amato; o che il bambino doni o si privi, quando non ha ancora compiuta la fase dell’affezionarsi.

Queste deleterie incongruenze falsamente educative, rendono la persona bisognosa di completare fasi irrisolte o impedite a loro tempo, lungo tutta la vita.

Arriva Gesù e ricuce non solo lo strappo del peccato, ma anche quello dell’assenza di affetto, riconoscendo le esigenze d’amore, comunicando tutto l’amore del Padre. Per assicurare il successivo passo di autotrascendimento per amare Dio e il prossimo, egli assicura che il suo amore e l’amore del Padre resistono intramontabili. E così, se ci scopriamo incapaci di amare, basta rituffarci nell’essere amati da Dio, per ricuperare l’amare.                                

 GCM 24.08.09