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Verità relativa e assoluta

Sono laico, quindi cerco e dico la verità.

E’ una frase corrente nell’ambito filosofico, politico, e altro ancora.

Secondo questa prospettiva, chi è religioso non cerca né dice la verità.

Poi odo, anche oggi, quell’altro che mi dice “Io sono la verità”. Chi arriva a lui raggiunge la verità.

 C’è un conflitto,  oppure alla verità si attribuiscono due contenuti? Per esempio: verità relativa, perciò basata sulle cose, e verità assoluta, ossia basata su Dio? O anche: verità del momento, cioè provvisoria, e verità permanente?

Tutta la storia della scienza e della filosofia è un continuo succedersi di verità provvisorie. Dati i confini limitati degli uomini nel tempo e nello spazio, tutte le verità umane sono provvisorie. Quindi anche la verità laica è, naturalmente, provvisoria, e non può essere scelta e imposta come criterio “della” verità, ma di “una” verità molto labile.

Lo stato laico è, per natura, uno stato caduco. Attende almeno una nuova Costituzione, che non può essere imposta come verità assoluta.

La Costituzione, alla quale si giura fedeltà con toni commoventi, non è assoluta. Con un minimo di buon senso, gli stessi artefici della nostra Costituzione, hanno inserito nella stessa Costituzione la possibilità di “leggi costituzionali”, per completare, per variare o per abrogare, includendo nell’abrogazione nuove norme contrarie alle norme precedenti.

Dalla cultura laica nasce il relativismo. Dal Vangelo, parola di verità, nasce la speranza.

Doppia verità: cangiante, e perciò insicura quella laica per quanto nobile; irrorata di certezza eterna quella divina del Vangelo.

GCM 03.08.08