HOME

Home > Gesù MAESTRO > Articoli 2006 > Cana

Cana

Quante volte, leggendo il Vangelo di Giovanni, alle nozze di Cana, ho sognato di rileggere la frase di Gesù rivolta alla madre.

Il testo, come lo vediamo tradotto, suona: “Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora”.

Eppure queste frasi così tradotte nella versione presentemente ufficiale della Chiesa italiana, sono seguite da una posizione illogica di Maria: “Fate ciò che vi dirà”.

Questa frase potrebbe denotare un’insistenza indebita di Maria, che quasi costringe il Figlio ad obbedire, trascurando la “sua” ora.

Eppure si potrebbe anche rileggere la prima frase, lasciandola intatta, in questo modo: “Che cosa possiamo fare noi due?” E’ una domanda che indica l’inoltro di Gesù nella stessa preoccupazione della madre.

Perché allora non rendere interrogativa la seconda frase? Solo trascrivendo quel “oupoo” (non ancora) in  “ou pou” (non forse?), la frase acquisterebbe armonia con la prima domanda, e con le seguenti parole di Maria.

Il brano potrebbe essere letto:

“Essendo mancato il vino, la madre di Gesù gli dice: “Vino non hanno”. E Gesù dice a lei: “Che cosa (possiamo fare) io e te, o donna? Non è forse giunta la mia ora?”

Dice sua madre agli inservienti - ciò che dicesse a voi, fatelo -”

Certamente lascio ai sapienti la parola conclusiva. Io non sono un esperto di parola di Dio, ma un semplice suo contemplante, che preferisce gustare l’armonia all’urto, l’intesa all’opposizione.

Gesù dice: “Che cosa a me e a te, donna?” (letteralmente), che non necessariamente è una frase oppositiva, come  “Che ho da fare con te, o donna?”

GCM 06.01.06