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La gioia del Padre

25.05.12

"Questo è il Figlio mio, l’amato: in lui il mio compiacimento”.

In lui: ossia in tutto Gesù, nella sua chiesa, in noi.

Compiacimento: la soddisfazione di Dio. Perciò Gesù avverte: “faccio ciò che a lui piace”.

Dio che gode a causa dell’agire dei suoi figli. Da qui nasce, in noi, la voglia di far piacere al Padre, anche con la nostra obbedienza.

Quando noi parliamo con il Padre, siamo debitori alla nostra educazione. La base di essa, di stampo moralistico, era quel “se fai il bene, andrai in Paradiso; se commetti il male, andrai all’Inferno”. L’educazione poneva in primo piano il nostro tornaconto, cioè il nostro egoismo. E di egoismo “santo” (?!) sono infarcite le nostre preghiere.

E’ un errore? No, ma è una enorme limitazione. Quando ci ricordiamo del nostro rapporto con Dio (preghiere, sacramenti, ecc.) noi badiamo quasi totalmente al versante nostro umano, e trascuriamo l’altro versante,  Dio; oppure di questo versante rendiamo chiaro solo ciò che torna a nostro beneficio (Dio buono, misericordioso, perdonante ecc.)

Ci interessa poco ciò che avviene in Lui, soprattutto i suoi “sentimenti”. I teologi hanno scoperto la “sofferenza di Dio” e gran parte di loro si è dimenticato delle sue “gioie”.

Eppure sappiamo che il Padre “si compiace”, che il Padre entra in “festa per il figlio tornato a casa”.

La nostra educazione familiare e seminaristica si è dimenticata di dirci: “Fa’ così per rendere contento Dio”.
Rendere Dio gioioso, è sentire  che la sua gioia ridonda anche in noi.

Agire e sentire per la felicità di Dio.

GCM 10.03.12