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Il Padre necessario

Una società senza padre, si proclamava nel ‘68. Superamento di ogni riferimento e di ogni autorità. Tutto questo in nome e sulla scia di un certo Marx. E così la società senza padre, eleggeva un nuovo padre, Marx.

Senza il riferimento a un padre nessun gruppo umano resiste. Perfino i Romani, che un padre vantavano in Romolo, un tipo alquanto brigantello per quello scherzo fatto alle donne sabine, perché si adattassero a procreare discendenti, perfino i Romani assegnarono a Virgilio il compito di trovare un super-padre in un certo Enea, di origine orientale, ladro di cuori e uccisore di cuori di donne.

Da un perfino superficiale studio delle civiltà etniche, presso tutti i popoli vige la necessità di un capostipite, padre della gente. Abramo è il padre degli Ebrei e degli Arabi. Padre Abramo.

La necessità di un padre non confinato nel limbo dei ricordi o dei miti, è un’urgente, implacabile necessità.

Ed ecco Gesù: si rivolge al Padre, e, con noi, dice: ”Padre nostro!”. Per confermare che il suo rivolgersi al Padre è possibile e dolce, ci assicura: “Chi vede me, vede il Padre”. Gesù non è solo immagine e copia del Padre, ma è uno con il Padre. Uno nel Padre. E il Padre è uno nel Figlio.

Il Padre è uno con il Figlio, nel Figlio; quindi l’umiltà del Figlio è umiltà del Padre, la commozione del Figlio per la vedova di Naim è commozione del Padre. La croce del Figlio è croce del Padre.

Il Padre desidera restare con noi, nella stessa Eucarestia del Figlio; resta con noi, si addossa la nostra miseria, per comunicarci non solo la sua misericordia, ma pure la sua tenerezza.

GCM 16.02.10