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Dio fedele

San Paolo, nella lettera indirizzata ai credenti, che abitavano a Roma, insiste molto sulla fede che ci unisce a Dio.

Uno dei motivi che destano e mantengono la fede dell’uomo in Gesù e nel Padre, è la fedeltà di Dio. Fede nella fedeltà di Dio. Fedeltà spessissimo esaltata dai profeti e nei Salmi.

Dio mantiene la parola data. Se promette, a suo tempo attua ciò che ha promesso. Dio però non è soggetto al tempo, e il “quando” per lui è sconosciuto. Tant’è vero che la Scrittura talvolta fa precedere il fatto alla promessa di quel fatto. Per esempio, quando si impegna con Israele ad amarlo per sempre l’aveva già amato da sempre. Quando dice che gradirà la preghiera, l’ha già esaudita, perché conosce le nostre necessità, prima ancora che gliele esprimiamo.

Per noi, credenti in Gesù, un esempio chiaro del Dio che mantiene le promesse, lo costatiamo proprio in Gesù.

La promessa strana, inaudita, di Gesù di risorgere dopo tre giorni, è stata esattamente realizzata. Questo conferma ed esalta la nostra sicura fiducia in Dio.

Paolo ci fa notare che anche la nostra risurrezione è certa, se noi ci affidiamo alla parola di Gesù.

Gesù stesso, nel Vangelo di Giovanni, paragona la sua risurrezione, già avverata, alla nostra, ancora da avverarsi.

“Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue... io lo risusciterò nell’ultimo giorno”.

Che cosa significa “ultimo giorno” non è chiaro. Però ogni giorno, dopo la morte, è l’ultimo della nostra carriera umana, perché conclude il nostro mistero, come la Risurrezione di Gesù ha “compiuto” il suo mistero, quel mistero, nel quale credendo è salvata  ed esaltata la nostra vita.

GCM 19.10.09