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Rilassarci in Dio

Il bisogno di abbandonarci piacevolmente a Dio è un desiderio che aumenta ogni giorno. Un salmo lo ricorda: è il salmo 131.

“Dio, non si insuperbì il mio cuore, non si inorgoglirono i miei occhi. Non rincorsi le grandezze e le meraviglie oltre di me. Davvero calmai e placai la mia anima, …..”

I versetti che seguono, magnifici come un suono di viola nel silenzio, emanano un tale profumo che perfino gli esperti di salmologia ebraica diversificano la loro traduzione: la loro differenza proviene dall’interpretazione della parola “gamel”.

Lo Scerbo, il Weiser, altri e con loro la nuovissima traduzione della CEI optano per la traduzione “svezzato o divezzato”.

Il Lorenzin intuisce che il termine “svezzato” non si armonizza con il senso del testo e traduce semplicemente “bimbo”. Il Reggi, nella sua traduzione interlineare, pone tra parentesi il termine “bimbo” e segna una sottolineatura di incertezza sotto il lemma “svezzato”.

Forse si potrebbe ovviare alle incertezze, tentando due considerazioni.

La prima deriva dal fatto che anche nelle lingue moderne il termine “allattamento” include almeno due significati: la semplice poppata (allattamento di breve tempo) e il periodo di allattamento (durata di mesi).

La seconda è aiutata dalla lettura della traduzione dei Settanta: recita “apo-ghegalactismenon”. Apò= significa anche “sùbito dopo”. Il verbo seguente è al perfetto, che di solito indica un tempo che si compie nel passato piuttosto che un tempo che perdura ancora, se non nei suoi effetti.

Perciò mi piacerebbe leggere una traduzione press’a poco così:”Davvero calmai e placai la mia anima, come un bimbo appena allattato sopra la madre, come un bimbo subito dopo la poppata su di me la mia anima. Confidi Israele nel Signore ora e sempre”

È sufficiente osservare un bimbo che sta succhiando, e terminato di succhiare s’abbandona addormentandosi sulla madre, tanto che la madre ha come l’impressione che il bambino sembri più pesante.

Il bimbo svezzato si comporta talora in modo non abbandonato, ma ribelle e inquieto verso il seno, che l’aveva allattato e che è divenuto avaro di dolcezza, a differenza del bimbo durante il periodo dell’allattamento.

A Dio che ci nutre è soave abbandonarci totalmente.

03.01.09 GCM