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Riconoscenza e inno

Nella nostra vita, tutti hanno attinto da noi, pochi ci hanno ringraziato, e se abbiamo avuto bisogno soltanto qualcuno ci ha aiutato, mentre quasi tutti ci hanno presentato le spalle.

Perfino il più grande benefattore dell’umanità, quello che ci ha regalato Dio stessi, ha avuto pochi riconoscenti (“gli altri, dove sono?), e nel momento del bisogno i suoi si sono addormentati e poi sono scappati.

Smettere di beneficare, perché non troviamo riscontri? Oppure suonare la tromba in piazza, affinché si accorgano di noi? Oppure scegliere di beneficare soltanto le persone che rispondono?

Le forme di ingratitudine sono infinite, poiché infinito è il modo di beneficare.

Il primo a patire l’ingratitudine è Dio. Ogni peccato è una forma di insensibilità e di ingratitudine.

Il mio essere tutto (l’anima mia) riconosce grande (magnifica) il Signore. E’ gratitudine completa, perché raggiunge la lode al benefattore. Così Maria di Nazaret dopo aver intuito l’immensità del dono (grandi cose ha fatto in me).

Proprio la lode entusiasta, poiché riconoscente, che scopre la  “grandezza” del benefattore, fa che ci si accorga della bassezza (umiltà), della sproporzione tra il donante e il donatario.

Questa sproporzione però non accascia il donatario, anzi egli,  felice del dono ricevuto, è cosciente che tutte le genti lo proclameranno beato.

Gesù ci insegna: “Vedano le vostre opere buone e riconoscano che vengono da Dio”. E’ la posizione di Maria e di ognuno di noi. Nessuno è self-made-man (fatto da sé): tutti siamo dono di Dio.

GCM 22.12.08