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In Dio

14.07.12

Tommaso d’Aquino, parlando dell’Incarnazione di Gesù, scrive che il Verbo si è fatto uomo, affinché noi diventassimo dei. Ho sempre sperato che il plurale fosse una svista di trascrizione (lezione 14 dell’opuscolo 57).

La frase presa alla lettera, è una specie di ricaduta nel politeismo. Molti dei. Certamente non era questa l’intenzione dell’autore. Altro è diventare dei, altro è partecipare -  in modo arcano - all’unico Dio unitrino.

Non è facile trascurare la molteplicità delle persone umane, quando ci si inoltra anche nel mistero dell’unico Dio.

Per superare questa difficoltà, gli induisti pensano che dopo la morte, ogni uomo si dissolverà per perdersi nell’unico Brahama. E’ cosa ardua ammettere una unità assoluta, mantenendo il dono della specificità. Per questo la realtà di Dio, come ci è fatta intuire da Gesù, viene espressa - poverissimamente! - come Unità di tre Persone.

E tuttavia noi, misteriosamente, partecipiamo ora, e parteciperemo dopo, di questa realtà unitrina. L’individualità non si perderà, eppure non formerà una moltiplicazione di individui.

Partecipi dell’unico vero Dio, non trasformati in dei.

Come è possibile? Senz’altro lo vedremo, quando in questa realtà saremo entrati totalmente. Adesso la gustiamo nella fede, la quale ci permette di immergerci in Dio, di abbandonarci a Lui, di vivere nella sua realtà, pur senza saperla descrivere.

Noi ci basiamo sempre sul “come”. E’ la nostra risorsa e il nostro limite. Limite che ci dona una qualche sicurezza, e che permette di camminare su questa terra. Però nella vita di Dio, il nostro entrarvi è solo nella fede, per diventare profondo gusto!

GCM 10.06.12