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Annientamento e gioia

Perché l’annientamento di Gesù, Verbo fatto uomo? Perché la salvezza di Dio voleva raggiungere l’uomo dal suo interno. Dio vuole che l’uomo non sia soltanto giustificato e santificato dall’esterno diventando “cosa sacra”, eppure intimamente non cambiato. Come sono sacre le pietre dedicate al tempio, le quali tuttavia rimangono pietre.

Dio vuole che l’uomo sia santo nella sua struttura intima, perché così può essere partecipe di Dio. “Siate santi, poiché io sono santo” ricorda la Scrittura.

Proprio nell’annientamento (kénosi) di Gesù, troviamo la chiave del nostro annientamento. Annientarci in quanto uomini, per trasformarci in Dio. Poiché Lui si è annientato in quanto Dio, per trasformarsi in uomo.

L’annientamento non è di indole metafisica né di indole fisica, ma nella struttura della fede e della grazia. Ossia nell’arcano gorgo del mistero, che Dio solo conosce e che chiede a noi di conoscere nella fede.

Il procedimento della santificazione attraverso l’annientamento, è una dinamica che occupa quella regione nella struttura dell’uomo, che il Padre ha riservata alla propria attività.

A noi resta la meraviglia, innescata e suscitata dalla fede, nel riconoscere l’opera magnifica e misteriosa di Dio in noi. E sbrigliare il cuore nella dolcezza silenziosa e felice della contemplazione (almeno per alcuni attimi) e nell’esplosione dell’esultare per la riconoscenza.

L’annientamento di Gesù e nostro - anche della pretesa di capire l’opera di Dio, perché solo “Dio vuole e fu fatto”! - è fonte di gioia.

GCM 16.08.12