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Abbandono e presenza

14.03.12

La permanenza nell’amore di Gesù è sottolineata da S. Paolo. Nessuno e nulla, infatti, lo può distaccare da quell’amore. Non sofferenza, non fame, persecuzioni, disgrazie e pericoli.

Paolo, quindi ha superato la mentalità ebraica. Quante volte nei salmi ebraici, che ci costringono a recitare, noi diciamo a Dio che ci ha abbandonato, quando siamo stretti dalla sofferenza!

La stessa preghiera precristiana, chiede a Dio di non essere abbandonati. Paolo è cosciente dell’opposto. Perfino Gesù, sulla croce, dice al Padre, con le parole del salmo: “Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?” E’ un salmo di dolore. Gesù però aveva detto a chiare lettere: “Questa notte voi tutti fuggirete e mi lascerete solo; però non sono solo, perché il Padre è sempre con me!”

Abbandono e presenza. Presenza nell’abbandono. Abbandono secondo la psicologia, presenza secondo la fede.
Grido disperato, e preghiera confidente: “Nelle tue mani abbandono il mio spirito!”.

Gli estremi drammatici del vivere umano. L’avanzare verso Dio è confidenza in Lui, mentre è abbandono del nostro passato e delle cose sulle quali ci appoggiavamo. Gli estremi caratterizzano il nostro povero e ricco vivere.

L’essere abbandonati è notato dalla nostra sensibilità; l’essere accolti è frutto della nostra fede.

Potrà in noi avvenire la composizione? “Chi mi libererà da questo corpo di morte?” si chiede Paolo. E la risposta: “Ti sovviene il mio favore, la mia grazia!”

Proprio la tua paura di essere abbandonato, ti spinge a rafforzare la tua fede in me, nell’aiuto che il mio costante amore per te, ti presta.

GCM 27.10.11