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Parole o silenzio?

Nel nostro rapporto di fede con Dio, avvengono dei passaggi, che cambiano e arricchiscono la vita.

Uno dei passaggi più trascinanti accade, quando intuiamo che il silenzio è la parola di Dio. Tacere con il Padre che tace, perché l’unica sua parola è il Verbo; però il Verbo è un essere solo con il Padre.

Gesù, quando parlava con noi, usava le nostre parole, per indirizzarci al Padre. Quando però entrava nella preghiera si abbandonava al Padre. Usava parole, pregando, quando la sua preghiera, doveva essere ascoltata anche dai presenti. A questi tuttavia indicava di non dire troppe parole nel pregare.

Scoprire che il silenzio è la parola di Dio e non solo l’ambiente nel quale la sua parola si ode, ci riempie di gioia. Quando, per esempio, ci poniamo davanti al tabernacolo eucaristico, muti e silenziosi, guardando il tabernacolo con la certezza che lui, nel suo silenzio, ci guarda.

Il silenzio è la sua parola, mentre il suo cuore fa palpitare il nostro cuore.

L’esperienza del cuore nostro che palpita davanti al tabernacolo, è rara, perché è anticipo della visione celeste. Eppure è sufficiente una sola di queste esperienze per attirarci alla contemplazione del tabernacolo quotidianamente, e a strutturare l’adorazione ( anche la cosiddetta ora di adorazione, succuba dell’orologio!) in un silenzio gioioso e confidente.

Quando abbiamo sperimentato che il silenzio è la parola di Dio, non temiamo alcun silenzio, e nel silenzio troviamo la nostra pace.
Siamo attirati dal silenzio, anche senza sforzarci di vedere in esso la presenza di Dio.

Oltre ogni nostro silenzio, è il silenzio onnipotente di Dio.

GCM 27.01.10