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Inferno

Il Paradiso è la mia attrazione dentro l’attività amorosa delle tre persone divine.

Esse mi attraggono perché, avendomi plasmato con il loro amore, hanno impresso in me l’orma delle loro mani. E io so che il mio riposo può avvenire soltanto lasciandomi risucchiare dal loro attraimento. Gesù parlava del “seno del Padre”, come si esprime Giovanni Evangelista.

Il Paradiso è l’approdo al polo della gioiosa calamita di Dio. Lì troverò la completezza beata di me.

L’Inferno sarà l’insuccesso, il non approdo, la tensione trattenuta, il desiderio frustrato, la meta beata non raggiunta.

L’essere tradito nella propria stessa esigenza di essere finalmente completo. Non fanno soffrire fiamme di carbone, ma l’insuccesso di una vita fallita, e la coscienza del fallimento.

L’inferno è il nostro prossimo, sentenziava il padre dell’esistenzialismo ateo. In realtà l’inferno è la persona, che non ha ascoltato le intime esigenze di se stesso, quelle esigenze che attraggono ogni essere verso l’Essere, la fonte di ogni esistenza.

L’intuizione induista del ritorno nell’essere primordiale, è descrizione della dinamica umana. Il bisogno di riconciliazione nell’unità. Peccato che questa intuizione arrivi soltanto sull’uscio, negando la permanenza della coscienza personale!

Infatti tale concezione, proprio perché viene dall’intimo dell’esperienza umana, è autenticamente aperta al superamento della divisione, ma non intuisce grazie alla Rivelazione, il termine ultimo del tragitto.

L’Inferno è un modo per indicare che ci può essere un insuccesso finale, nel quale si colloca ogni persona, che non ha ascoltato il proprio bisogno di Infinito.

GCM 25.10.10, pubblicato 08.12.10