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Il vostro linguaggio sia...

Quando un’avversità, fisica psichica o spirituale, ci colpisce, necessariamente si reagisce. Se qualche avvenimento o qualche azione ci inquieta, allora ci “arrabbiamo”.

Ebbene, per indicare un sentimento di stizza, oggi ragazzi e adulti pronunciano una sola parola: quella che include due zeta.

L’italiano possiede una quantità di termini espressivi e adatti.

Mi inquieto: è debole. Mi stizzisco: è più attivo. M’adiro: è più pregno. Mi arrabbio: è più forte. Mi infurio: è intensissimo.

E poi: corrucciarsi, sdegnarsi, irritarsi, accanirsi, alterarsi, fremere, esasperarsi, imbestialirsi, accendersi, inviperirsi, e giù un’infinità di verbi. E’ la ricchezza del vocabolario italiano (santa invenzione!).

Invece, nella bocca di tutti corre quel vocabolo. Forse la doppia zeta sembra attirare, perché dà impressione di forza, di sforzo e di sfogo. Eppure l’ira, o la reazione violenta, si può placare anche senza ricorrere a termini più o meno folcloristici o anche volgari, termini che hanno il  privilegio di imbrattare la bocca.

Paolo, parlando agli scaricatori di porto convertiti al cristianesimo, raccomandava di non pronunciare parole volgari.  Oggi c’è la retroconversione alle volgarità, che fanno tanto modernità e disinibizione o libertà.

Togliere dal nostro linguaggio ogni termine, che richiami i genitali? Consacrarci alla pudibonderia? Nemmeno per sogno. Piuttosto usare le parole con proprietà e nel contesto opportuno.

Anche Gesù ha parlato di latrine,  di adultèri, di prostituzione. Eppure erano termini espressi in un contesto che indicava la salvezza. Evitare il pudore quando si oppone alla verità; non opporsi alla verità, per la spudoratezza.

GCM 28.01.10