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Gloria al Padre

Tutti i salmi finiscono in gloria. E’ un detto proverbiale tradizionale.

Il significato è lampante: alla fine la giustizia e la verità vincono.

Si muove da una realtà seria. Quando i religiosi esprimono la loro preghiera usando i salmi, alla fine di ogni salmo è prescritto che devono ripetere il “Gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo”.

L’usanza è bella, rallegrante.

Il Gloria, è ovvio, non è un augurio fatto a Dio. Anzi, è un’affermazione decisa. Si dichiara di riconoscere l’unica divinità nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo.

La cadenza di questa dichiarazione, ossia la manifestazione di fede convinta, è frequente: ogni fine di salmo, o di parte di esso. La cadenza ripetuta, è come un rituffarci nel nostro ambiente vitale, la cosiddetta Trinità.

E’ un continuo nuotare leggero, sostenuti da Dio. Un’atmosfera Trinitaria che ci inonda e ci sostiene.

Quando le nostre labbra pronunciano il Gloria, i nostri cuori si rasserenano, perché possono adagiarsi in Dio. La serenità del cuore si espande, raggiunge le nostre labbra, che sorridono. Sembra che non si possa pronunciare il Gloria senza sorridere.

Sorridere per toccare la grandezza luminosa di nostro Padre, e la nostra grandezza inserita nella grandezza del Figlio. Allora ci accorgiamo che il nostro sorridere è operato dallo Spirito Santo.

Essere felici di vivere in Dio. Il Gloria ci ricorda questa felicità. Felicità non solo nostra, ma di Colui (Coloro) che ha detto di far dimora presso di noi.

Sempre la felicità è contagiosa: dal Padre al Figlio, e reciprocamente. Da Dio a noi, e reciprocamente. Se si fa festa per un peccatore pentito, è anche festa per chi dimora stabilmente con il Padre.

GCM 21.06.10,  pubblicato 19.09.10