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Cerchio d’amore

 

Il catechismo di Pio X, rispondendo al perché Dio ha creato l’uomo, recita così: “Per conoscerlo, amarlo, servirlo in questa vita, e poi goderlo in Paradiso”.

 

Può suonare ostico quel “servirlo”, che fa sembrare la creazione e l’uomo in particolare, creati non per se stessi, ma per la gloria di Dio, quasi una schiera infinita di cortigiani. Se però il servire, lo poniamo in relazione con “Ecco la serva del Signore, si faccia di me secondo la tua parola”, allora il vocabolo “servire” si addolcisce, sapendo che “cose grandi ha fatto in me l’Onnipotente” e quindi “tutte le genti mi diranno beata”. Perfino Hegel prende dalla liturgia (aveva studiato in seminario) quel “cui servire, regnare est”: servire a Dio è un regnare.

 

Ridimensionato il vocabolo “servire”, grazie non al suo uso pagano (schiavitù senza dignità personale), ma cristiano indicato dal “servo di Jahweh”, ecco emergere il conoscere e l’amare.

 

Sono due verbi rivolti a Dio. Allora Dio ci crea, con l’intenzione egoistica e ambiziosa di avere uomini che lo esaltino? Il Padre non abbisogna di uomini ossequienti: gli basta l’Amore e la Gloria vissuti con il Figlio.

 

Il conoscerlo e l’amarlo sono inseriti in una sublime circolazione d’Amore. Egli ci ha amati per primo. Egli ci ha conosciuti da tutta l’eternità. Attende la nostra conoscenza, affinché si chiuda il cerchio dell’amore. Amandolo siamo noi stessi, poiché siamo creati dall’amore, e solo l’amore ci caratterizza.

 

Amandolo non solo concludiamo con lui il cerchio d’amore, ma finalmente realizziamo completamente il nostro essere. Amarlo come siamo: santi e peccatori, belli e brutti, giusti e ingiusti.

 

GCM 31.08.07