Fu scritto che Dio è lo sposo di Israele. Gesù affermava che lui e il Padre sono una cosa sola.
Questo modo di ricordare l’unione di Dio con il mondo, è soltanto un’immagine, una allegoria, oppure è qualche cosa di più?
E’ scritto che Dio sposa la terra, e questa allora genera i frutti. Come intendere queste frasi, o, meglio, come goderle?
Lo Spirito di Dio penetra gli abissi.
E’ vero: non si tratta di unione fisica, materiale. Non siamo in regime monistico. Eppure l’abbraccio profondo tra Creatore e creatura, permette alla creatura di “esistere”. “Se tu ritiri il tuo spirito, le creature muoiono”. Siamo sorretti e mantenuti nell’esistenza, perché il suo spirito ravviva la nostra stessa vita.
Quando ci ricordiamo che lui ci ama, il suo amore non è un amore a distanza. Se così fosse, non sarebbe amore. Un amore privo di contatto, resta una mera intenzione.
Non è possibile capire di quale tipo di contatto si tratta. La filosofia e la scienza non possono spiegarlo. La teologia si sforza di vedere. La mistica invece lo sperimenta e lo gode, perché il mistico si “abbandona a Dio e in Dio”. Tuttavia neppure il mistico riesce a descrivere il proprio contatto con Dio.
Il mistico invita a sperimentare. “Vedete e gustate come è buono il Signore”. Il mistico non sa descrivere, sebbene ne parli.
“So di un uomo, non posso dire se nel corpo o fuori del corpo, che è salito al terzo cielo”: dice Paolo nel ricordare le proprie esperienze. Quello stesso che diceva: “Desidero liquefarmi ed essere con Cristo”.
Siamo chiamati a provare, senza timore, di abbandonarci all’abbraccio con Dio.
GCM 29.06.06