08.07.12
Perché i nostri sentimenti si convertano, fino a “sentire” in noi gli stessi sentimenti di Gesù, è indispensabile e urgente l’azione dello Spirito di Dio, dello Spirito Santo. Ogni giorno nella recita delle Ore e solennemente nel giorno della Pentecoste, invochiamo lo Spirito a penetrare i nostri sentimenti, la nostra vita affettiva. E così Gesù eviterà, con sua gioia e consolazione, di dirci: “Va’ dietro a me, satana, perché tu non la senti come Dio, ma come gli uomini!” (Mt 16,23).
Sentire come Dio non è seguire il sentimento che si presenta a noi, uscendo dal deposito dei nostri vissuti, ma desiderare e aprire il nostro cuore all’azione autentica dello Spirito Santo.
E che cosa istilla in noi lo Spirito? O meglio: che cosa già seminato in noi, come dotazione nativa, lo Spirito Santo sollecita e attiva in noi?
S. Paolo, maestro di sentimento (perché non riflettiamo sul tema “sentimenti di Paolo e in Paolo”?), ci dona un aiuto, quando scrive ai Galati, ricordando i “frutti” dello Spirito.
“Frutto (carpòs) dello Spirito è amore, gioia, pace, longanimità, bontà, benevolenza, fiducia, mitezza, padronanza di sé (eucrateia), capacità di superare le opere della carne”. “ La carne infatti ha sentimenti (epithumia) contrari allo Spirito, e lo Spirito contrari alla carne... perché le opere della carne (ossia dell’uomo chiuso nella propria autoreferenzialità!) sono chiare: fornicazione, impurità, dissolutezza, idolatria, magia, inimicizie, baruffe, gelosia, ire, ambizioni, discordie, divisioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del genere” (Gal 5, 16-21)
Quanto di queste opere è ancora in noi? Abbiamo bisogno di preghiera e di Spirito Santo.
GCM 01.03.12