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Spirito e libertà

Quando preghiamo “manda il tuo Spirito Signore”, oppure “vieni, Spirito Santo”, pensiamo che lo Spirito Santo sia ancora lontano?

Se così fosse, contraddirebbe a molte idee di  S. Paolo e di Gesù.

Gesù dopo la Risurrezione ci dona lo Spirito Santo affinché rimanga con noi.

Una lunghissima tradizione, passata poi pari pari nei catechismi e negli insegnamenti familiari, praticamente esclude la presenza e l’opera continua dello Spirito Santo nella Chiesa. Eppure noi siamo, come scrive Pietro, le pietre vive, con le quali la Chiesa si edifica.

La preghiera allo Spirito Santo, non invita lo Spirito a venire, ma ricorda a noi la presenza dello Spirito già venuto.
La preghiera utilizza un modo di dire, dovuto più alla pietà pagana che agli influssi del Vangelo.

Nel pregare lo Spirito si infiltra poi un’altra svista. Si prega per avere l’aiuto dello Spirito, quasi per affidare a lui il compito di dirigerci, attendendo che si avveri la sua opera. A parte che questo atteggiamento rasenta la teoria dei quietisti, che si mettevano con le mani in mano attendendo il movimento dello Spirito. Però questa posizione fa pensare allo Spirito, come un cocchiere che guida i cavalli. Come a chi non ci rispetta come persone da lui volute libere nel suo crearci.

Gesù non era imbrigliato dallo Spirito Santo, come se fosse privo della sua libertà e volontà (questa posizione fu condannata come eretica). Gesù fu un uomo libero, assunto dal Verbo, proprio perché libero.

L’aiuto dello Spirito non si rivolge alla nostra passività, o anche indolenza, ma al nostro camminare nella vita, in modo tale che possiamo essere salvati.

GCM 28.05.10, pubblicato 17.11.10