Non capisco niente, ma è bello!
Forse la frase appena scritta, può diventare la frase del credente. La fede infatti può essere un po’ analoga alla meraviglia, che ci prende struggente, davanti a un dipinto oppure all’ascolto di un brano musicale.
Tre sono i momenti più significativi che si vivono al contatto con un’opera d’arte: il vederla, il gustarla, l’analizzarla.
Un’opera d’arte è necessario sia vita o udita. Deve essere presente ai nostri sensi. L’impatto primo è un “eccola!”.
Sentiamo che in essa qualche cosa ci attira (un’opera d’arte può essere anche un effetto della natura o della tecnica: tramonto e computer).
La seconda fase è quella di accorgerci che i nostri sensi e il nostro cuore ne sono toccati e rapiti. L’opera d’arte ci diletta, perché è bella. Non sappiamo che cosa attrae, eppure ci sentiamo dilatare ed esaltare, forse anche commuovere (ciò che può accadere frequentemente udendo un brano musicale).
Il terzo momento è già oltre il gustare, perché non è necessario, sebbene la struttura della nostra mente lo richieda. E’ il momento del “perché?”. Perché quella musica mi rapisce? Perché e come quei colori hanno raggiunto quel risultato?
Il punto essenziale è il secondo: l’aver gustato finalmente l’opera.
Si gusta soffermandosi sull’opera, lasciando che essa ci penetri. Sebbene non capiremo mai la tecnica dell’opera, essa è attraente, bella.
La fede deve raggiungere il secondo momento. L’impatto iniziale è necessario (“andate e predicate”), il gusto è il centro (“gioirà il vostro cuore”), la riflessione consolida (la funzione della teologia).
GCM 25.05.07