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Il dono della parola

Il dono della parola non è soltanto la qualità che ci differenzia dagli animali, e favorisce il dialogo umano, ma è la via attraverso cui Dio propaga la salvezza e si dona alla sua creatura.

La parola umana precede lo scritto, e rimane parlata anche dopo l’invenzione della scrittura. La parola parlata è viva ed è vita. Lo scritto è fermo e morto. Esso rivive se ridiventa parola detta: la drammaturgia ne è un esempio luminoso.

Così pure avviene per la Parola divina. Essa parlata è viva: è Verbo eterno, è capace di creare e di salvare. Quando, per esigenza umana, diventa anche scritta (la divina scrittura) deve essere proclamata per produrre effetti. Tutta la liturgia è reviviscenza della parola scritta, che diventa mirabile canto di salvezza.

La preminenza divina del parlato sullo scritto nel disegno di salvezza, è manifesta nel profetismo (parlare per incarico) e nell’incarnazione (la Parola diventa uomo, non scritto più o meno dettato da angeli)

La Scrittura è scrigno prezioso. La parola estrae dallo scrigno il valore da donare e da applicare.

Chiesi una volta a una persona, perché evitasse di parlare con  i suoi. Risposta: ”Perché non ho nulla da dire!”. Se ciò fosse stato vero, il suo scrigno sarebbe stato vuoto, la sua umanità svanita.

Altro è il “misurare” la parola, perché sia detta nella situazione e nel tempo opportuno, altro è non aver nulla da dire.

Per grazia di Dio, la Scrittura dell’ Antico e del Nuovo Testamento, ha “infinite cose” da dire. E tutte sono cariche della forza dello Spirito Santo. E a questa fonte noi possiamo attingere sempre.

GCM 13.08.12