Disperazione e beatitudine02.07.12 La speranza è radicata sulla fede. La fede può essere, a sua volta, fondata o illusoria, ossia basata sulla realtà o sulle fantasie. La fede nasce sull’esperienza. L’esperienza si riferisce ai fatti, o direttamente ed empiricamente constati, oppure riferiti come certi da testimoni presenti ai fatti. Il Vangelo è costatazione di fatti. I fatti del vangelo indicano realtà che non si esauriscono alla costatazione dell’azione empirica, ma rimandano ad altro. Questo altro è base della fede e della conseguente speranza. Oggi viviamo in un contesto psicologico e sociale, carente di speranza, disperato. La disperazione, soprattutto nei paesi benestanti e consacrati famelicamente al consumismo, è diffusa, e ne vediamo gli effetti. L’effetto più vistoso è designato dai suicidi e dagli omicidi. È cronaca purtroppo quotidiana. Altri effetti della disperazione serpeggiante o manifesta sono numerosi. Non solo la disperazione dei barconi che attraversano il Mediterraneo, corredati spesso da vittime. E la morte lenta e inesorabile a causa della droga e dell’alcool. La malattia da vizi, da stravizi, da eccessi. Le morti per sport estremo. Il sesso per sfogare e per dimenticare. È tutto frutto di disperazione, di mancanza di speranza in una possibile serenità personale e sociale. A questo mondo desertico di disperazione, ancora sentiamo la Chiesa, che ha la spudorata pretesa di ripetere in Gesù e con Gesù, quell’ eterno “Beati”. I beati, pieno di speranza, che solleva il nostro cammino e nutre la nostra speranza. Speranza ormai di pochi, ma che desidera e prega affinché diventi speranza di tutti. Ed è vero e consolante. GCM 06.04.12
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