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Parlare di Gesù

Quando si parla di Gesù, corriamo il rischio di non essere compresi, e anche di essere combattuti. Cerchiamo di cavarcela come meglio possiamo. E poi ci accorgiamo di esser stati combattuti per il nome di Gesù. Allora viviamo la gioia degli apostoli, contenti di esser stati malmenati, perché avevano parlato di Gesù, come leggiamo negli Atti degli Apostoli!

Non ci interessa più l’aver difeso una tesi, o l’aver piegato l’altro, o esser stati vinti nel ragionamento. Si è contenti per aver parlato di Gesù. E’ questa una  gioia fresca, che possiamo condividere con gli amici e con Gesù.

Parlare di lui è un piacere e un sollievo. Talvolta il piacere è simile a quello che si gusta nella preghiera e nell’Eucarestia. Parlare di lui è sempre parlare con lui.  Non solo con lui come interlocutore, ma parlare con lui in un’unica parola di tutti e due.

Si comprendono allora i santi, alcuni francescani, che quando pronunciavano il nome di Gesù, poi si leccavano le labbra per la dolcezza ivi depositata.

Talvolta, durante l’aridità nata da dispiaceri, da calo della sensibilità, da stanchezza, il parlare “con” Gesù, ridesta il sapore e rinfranca il cuore.

Allora le incomprensioni  e talvolta l’insofferenza o lo scherno, diventano motivo e sorgiva di gioia. Sono come trivelle che fanno zampillare un’acqua nuova e viva. Si ripete l’esperienza di Mosè, che dalla roccia, dura e arida nel deserto, fa scaturire acqua abbondante.

E tutto questo fluire di serenità e di piacere è un dono dello Spirito, che si diletta con noi, come si dilettò quando intervenne a Nazareth per rendere feconda Maria.

GCM 29.03.11, pubblicato 11.09.11