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Libertà di parola

 Non immaginavo che la parola del Papa o delle congregazioni romane fossero tanto importanti.

Per me la Scrittura e le “definizioni” sia conciliari che pontificie sono basilari, di un’importanza fondamentale.

Poi i critici del Papa e dei Vescovi mi hanno svegliato. Le loro proteste, talora acerrime, contro ciò che viene detto dal Papa, mi hanno mostrato il valore della sua parola. Infatti le critiche hanno lo scopo di piegare la persona criticata all’interno delle misure concettuali del criticante (la Bibbia parla dei “beffardi”).

Si riconosce, quindi, l’autorevolezza del criticato, e si tenta di portarlo dalla parte del critico.

Nella polemica che segue alcune prese di posizione del “magistero ordinario” trovo la paura nascosta di chi critica, e con la critica intende distruggere la posizione del criticato.

Inoltre se io considero un evento sotto il  mio punto di vista ed esprimo la mia opinione, credo di avere tutto il diritto “laico” di parlare. No, non lo devo fare, se questo contraddice l’opinione o la convinzione dei giornalisti di turno.

Ciò che io affermo, io lo devo misurare con il Vangelo. Se poi il Vangelo non garba a qualcuno (libero dei suoi gusti!) che mi contraddice, non sono io a far polemica, ma lui che mi si oppone.

Paolo mi insegna: “Guai a me se non annuncio il Vangelo!”. E lui stesso insegna: opportune et importune. Anche importunamente.

Sostanza, luoghi e tempi del mio dire li declina il Vangelo, che ha per sostanza Gesù, ieri, oggi e per sempre.

Entrare in polemica contro chi rappresenta il Vangelo, corrisponde a riconoscere l’importanza del Vangelo e di chi l’annuncia.

GCM 16.12.08