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Il peccato secondo il Vangelo

Nella Bibbia il peccato, secondo la sua essenza e le sue diramazioni, trova molte espressioni sia esplicite sia, soprattutto, sinonimiche e implicite. Però non troviamo una definizione tecnica o scolastica del peccato.

Io mi soffermo, nel ripercorrere i quattro libri della biografia di Gesù, i Vangeli, soltanto su alcuni di quei passi nei quali il peccato è comunque nominato.

Il peccato (in greco αμαρτια, raramente αμαρτημα), nell’uso primitivo e classico indica un semplice errore. Quando poi il termine è utilizzato dai LXX per tradurre l’originale ebraico, in esso si inserisce anche il concetto di delinquenza, colpa, devianza.

Per gli Ebrei “peccato” indicava soprattutto l’apostasia dal patto dell’Alleanza, ossia dalla fedeltà a Dio: una disobbedienza alle clausole imposte da Dio. Per indicare il peccato, una delle analogie, che ricorrono ai tempi di Gesù, e sono recepite dalla tradizione profetica, è quella dell’adulterio. Dio ha sposato il suo popolo (in questo si concreta il patto, ossia il testamento, la διαθηκη) e ogni peccato è allontanamento dallo sposo e un concedersi agli amanti, gli idoli.

Siccome il patto di sposalizio con Dio, includeva le condizioni, queste erano espresse dalla legge.

Quando la legge non fu più considerata come mezzo per restare fedeli a Dio, a poco a poco divenne un punto assoluto di riferimento, quasi usurpando il posto di Dio.

Contro questa devianza Paolo di Tarso esprimerà in modo violento, come si addice al temperamento di Paolo, la propria indignazione.

Anche nei Vangeli αμαρτανω ha il fondamentale carattere di opposizione a Dio.


Nel Vangelo molte parole e molte frasi esprimono la realtà del peccato, cioè dell’opposizione a Dio, alla sua volontà, al suo amabile progetto di salvarci dalle devianze di noi stessi e dal male.

Al fondamentale concetto di peccato, corrente nel suo ambiente e mantenuto in vigore, Gesù poi attribuirà anche nuove importanti ed essenziali inflessioni come vedremo.


È bene notare che Gesù distingue il peccato dai peccatori. Condanna il peccato, ma accosta i peccatori, suscitando scandalo tra scribi e farisei. Egli mangia con i peccatori, perché i malati hanno bisogno non di essere distrutti (come leggiamo perfino nei Salmi), ma del medico (cfr, Mt 9). Vede nel peccatore un ammalato che deve essere guarito dal suo grave malanno, che è l’angoscia dell’esistere; purtroppo nello sforzo per uscire dall’angoscia, l’uomo spesso stupidamente ricorre perfino al peccato stesso, ossia all’opposizione a Dio.

“Si avvicinavano a Gesù peccatori e pubblicani per ascoltarlo” (Lc 15, 1 ss.). È necessario avvicinarsi a Gesù per comprendere la situazione del peccato, e la liberazione da esso. Gesù  infatti attira i peccatori.

Nel vangelo il tema “αμαρ” esprime diverse inflessioni del peccato, secondo la diversa prospettiva che partendo dalla realtà di Gesù possiamo prospettare: infatti Gesù può essere considerato sotto la luce di Profeta, di Mediatore, di Figlio. Ripercorriamo queste tre prospettive.

 

GESÙ PROFETA

Prendiamo l’avvio da una frase che ogni giorno noi, cristiani, pronunciamo: “Rimetti i nostri debiti”. Nella lingua aramaica, nella quale Gesù ha pronunciato il “Padre Nostro”, il lemma “hóbha” indica e debito e colpa.

Fin dai primi capitoli dei Vangeli, compare il peccato.

Mt 1,22: “Egli infatti salverà l’uomo dai suoi peccati”

Mc 1,4: “Giovanni predicava un battesimo di conversione in remissione dei peccati”.

Lc 1, 77: “In remissione dei peccati”, nel Benedictus pronunciato da Zaccaria.

Gv 1, 29: “Ecco l’agnello di Dio, che toglie [alza] il peccato del mondo!”.

Una prima osservazione ovvia: si parla del peccato solo in vista del salvare (σωζειν) dal peccato, del rimettere (cioè sciogliere: αφιηι), sollevare (αїρω) il peccato.

Nello stile del Vangelo dunque troviamo di primo acchito la salvezza dal peccato, e poi l’indicazione del peccato. Non al contrario. Ricordiamo che dalla salvezza dall’Egitto operata da Dio per il popolo ebraico, si passa alle indicazioni della legge (Sinai) e alla fondazione della storia dello stesso popolo.

Dalla realtà di Dio e di Gesù che salva si giunge alla conoscenza dello stesso male dal quale si è salvati (Paolo: venuta la legge ho avuto conoscenza del peccato).

Infatti Marco: Convertitevi e credete al Vangelo. Cfr. anche MT 4, 17.

Conversione, virare il timone, per prendere la direzione giusta: il nuovo annuncio e capirne il significato.

Se esiste davvero la conversione a Dio, allora la direzione opposta, quella suggerita dalle nostre pretese egoistiche, dimostra di essere caduta sotto il segno di Satana, di colui cioè che cerca di far deviare nel deserto perfino il Profeta Gesù, quando ancora stava seguendo le indicazioni dell’altro Profeta, Giovanni Battista. Le deviazione del Satana è indirizzata al miracolo (pietre e pane, ricordati nell’episodio delle tentazioni, descritto da S. Matteo e da S. Luca), all’ambizione (il mondo sarà tuo), al soppiantare Dio (mi adorerai).

Il peccato si articola in molte guise, però uno solo è il fondamento: l’opposizione a Dio.


Se osserviamo le beatitudini, e con esse tutto il discorso della Montagna, che è espresso dal Profeta Gesù per completare Legge e Profeti, noi scopriamo che si colora di peccato, tutto quanto si oppone alle indicazioni espresse in quel discorso. Ritorna l’idea del peccato inteso come inosservanza del patto, e della legge come clausole del matrimonio di Dio con Israele.

Gesù rinnova il patto di Dio con Abramo e con Mosè. Gesù non crea un diverso patto né si oppone ad esso, ma perfeziona l’unico patto valido per ogni uomo e per ogni tempo. Anche Gesù sale sul monte per indicare le beatitudini, come si legge in Matteo, proprio come Mosè, e indica le clausole del rinnovamento del patto attraverso le beatitudini e il successivo discorso.

Per esempio: se i poveri per lo Spirito sono beati e posseggono il Regno di Dio (cioè sono salvati dal Signore), i ricchi non possono né essere beati, né possedere il Regno, cioè la presenza del Padre che salva.

Se la luce dei credenti deve risplendere al mondo, è inosservanza grave il tenerla nascosta.

Se uno rifiuta la Legge di Dio, cioè la sua alleanza, si sottrae al contatto con Dio.

E così si dica, riconsiderando gli altri capitoli del discorso della montagna, quali l’ira, i desideri malvagi, il divorzio, il giuramento, la vendetta, l’odio per i nemici, il modo di fare l’elemosina e di pregare, il digiuno, ecc.

Da vero Profeta Gesù indica il peccato e lo accusa.

“Non è male ciò che entra nell’uomo, ma ciò che esce dal suo cuore” dice Gesù. Poi enumera quello che esce dal cuore iniquo: pensieri malvagi, omicidi, adulteri, fornicazioni, furti, false testimonianze, bestemmie: queste cose contaminano l’uomo (cfr. Mt 15, 18-20).

Le invettive contro i farisei e gli scribi, sono dichiarazioni profetiche chiaramente accusatorie, quasi una eco del “razza di vipere” del Profeta Giovanni Battista. Gesù li accusa di “chiudere il Regno di Dio” (Mt, ib. 15). “Giurare per l’oro del tempio” (ib. 16); “trascurare i precetti più gravi, quali la giustizia, la pietà, la fede” (ib. 25); “apparire all’esterno come sepolcri imbiancati” (ib. 27); “fingere di opporsi ai peccati degli antenati, mentre se ne completa l’opera” (ib. 29). Resta sempre da considerare il peccato più grave: uccidere i Profeti (ib. 27).


GESÙ MEDIATORE

Gesù non è solo Profeta che accusa, ma anche mediatore, che trasmette il perdono dei peccati da parte di Dio.

L’episodio del paralitico è una dimostrazione esatta della mediazione di Gesù. Gesù infatti, al vedere il paralitico che si rivolge a lui per essere guarito, dice subito: “Ti sono rimessi i tuoi peccati”. Davanti allo scandalo provato dagli scribi per questa frase, Gesù propone: “È più facile dire: ti sono rimessi i tuoi peccati - oppure: alzati e cammina?”. Poi afferma che al Figlio dell’uomo è dato il potere di rimettere i peccati sulla terra. Si nota “sulla terra” e “un figlio dell’uomo”, ossia un profeta, sono elementi della trasmissione del perdono dai peccati.

Alla prostituta che gli bacia i piedi, Gesù – nonostante la contraddizione dei commensali – dice: “Le sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha amato molto”. Qui Gesù annuncia il perdono (e non la punizione) dei peccati, unendolo all’amore.

Gesù rivela che presso Dio (in cielo) si fa più festa per un peccatore pentito, che per novantanove giusti che non abbisognano di penitenza.

All’adultera, che sfugge alla lapidazione, Gesù dice semplicemente: “Io non ti condanno, e tu non peccare più”.

Gesù quindi manifesta ciò che S. Agostino esprime con il suo latino scultoreo: “Iam diligenti nos reconciliati sumus”. Perché lui ci ama, noi siamo già riconciliati con lui. A noi spetta riconoscere e il nostro peccato e il suo amore. Perciò Gesù dice che il pubblicano che si riconosce peccatore esce dalla preghiera trasformato in giusto.


FIGLIO DI DIO

Gesù ha una nuova funzione riguardo al peccato, che supera la semplice funzione del Profeta e del Mediatore.

a)- Il peccato gli riguarda perché lui è oggetto del peccato: “Quando lo Spirito verrà, confuterà il mondo in fatto di peccato, di giustizia e di giudizio. Circa il peccato, perché non credono in me. Circa la giustizia, perché io vado presso il Padre e non mi vedrete più. Riguardo al giudizio, perché il principe di questo mondo è stato giudicato” (Jo 16.8 ss.).

Il peccato è distacco da Dio. Gesù pone sullo stesso piano l’opposizione a lui stesso e l’opposizione al Padre.

“Chi non crede a Gesù, resta nei peccati “, leggiamo nel Vangelo di Giovanni (8,21).

b)- Conseguentemente afferma, che il suo sangue, ossia la sua morte, è indirizzata a ricostituire il patto con Dio, la rottura del quale è il peccato. “Questo è il mio sangue del patto, che è versato per le moltitudini a scioglimento dei peccati” (Mt 26,28).

Non un sacrificio di espiazione per placare un Dio irritato, ma lo scioglimento del peccato stesso, di cui lui è il bersaglio tramite il potere del suo personale sangue.

Dall’interno del peccato egli frantuma il peccato.

Il suo potere sul peccato si attua sia nel sollevare il peccato, sia nello scioglierlo, sia nell’incaricare altri a sciogliere il legame, la catena del peccato, che imprigiona.

Infatti leggiamo, meravigliati e riconoscenti il Vangelo di Giovanni, quando descrive Gesù risorto, cioè Gesù restituito nel pieno del suo potere: “Poi disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha inviato me, così io invio voi», detto questo soffiò e disse loro: «Prendete Spirito Santo: di quelli [ai quali] abbiate sciolto i peccati, a loro sono sciolti; di quelli che ritenete, saranno ritenuti»” (Jo 20, 21-23).

È  la forza dell’ultimo duraturo potere che il Figlio dell’Uomo, diventato definitivamente “Signore”, ossia Dio, esercita ancora sulla terra.