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Comunità e Vangelo

  Non è produttivo leggere il Vangelo, senza prima esserci posti nella disposizione interiore di chi l’ha scritto. Solamente in questa maniera è possibile il passaggio dello Spirito da chi l’ha scritto a chi lo legge. Questo passaggio è possibile, sia per la presenza attiva dello Spirito Santo, sia per l’influsso dell’energia cosmica, che non conosce confini di tempo e di spazio, dentro l’unità dell’universo.

  Gli evangelisti cercavano Gesù, dentro i ricordi e l’entusiasmo delle chiese che si sapevano salvate da Lui.  Cercavano Gesù, e trovavano le tracce di lui nei vissuti dei credenti, che avevano accettato la testimonianza degli Apostoli.

  La ricerca di Gesù fu impossibile senza lo stimolo dello Spirito Santo, che attira verso Gesù.

  Nelle comunità dei credenti, Gesù non era vissuto come un ricordo del passato, ma come un salvatore e Dio vivente tra e nei fedeli.

  Le Chiese conservavano Gesù, storico e risorto, ciascuna chiesa secondo la sensibilità propria, che si traduceva in prospettive diverse della stessa persona. Ogni chiesa viveva Gesù, diventato il suo Gesù. Le diverse prospettive erano testimonianza della ricchezza dei modi di recepire Gesù.

  Gli evangelisti pescarono all’interno di queste molte prospettive, e fissarono con lo scritto le linee portanti di tali prospettive.
 
  Quando noi leggiamo il Vangelo, ci tuffiamo nell’ambiente in cui nacquero i Vangeli, non per ripetere, ma per offrire le nostre prospettive del Vangelo che cresce in noi. Purtroppo noi occidentali non comprendiamo ancora la necessità di leggere il Vangelo in comunità (tranne che l’obbligo durante la messa) e perciò tendiamo a declassare il Vangelo a un testo di lettura.

  GCM 02.09.07