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Cervello e contemplazione

Parla, Signore, che il tuo servo ti ascolta.

Udrò ciò che mi sussurra il mio diletto. Se lui mi parla, la mia anima freme, allora mi accosto a lui e mi abbandono a lui.

Udire la parola e fremere d’amore. La parola degli uomini mi sfiora, la Parola di Dio mi penetra e mi rende fecondo di eternità. Lo Spirito crea in noi una felice barriera: prima di essa si arrestano le parole dell’uomo, mentre essa è penetrata dalla Parola di Dio, che scava nella radice del nostro esistere.

Oggi la scoperta del cervello plastico ha aperto varchi e ampiezze alle ricerche fisiologiche e psicologiche. Eppure antiche popolazioni, e il monachesimo cristiano già sapevano che il ripetere, accompagnato da fantasia e intellettualità, le stesse immagini, le stesse parole o gli stessi mantra, modificavano il cervello.

Perciò una familiarità assidua e serenamente contemplante (contemplazione corredata di silenzio) con la Parola di Gesù, non cambia soltanto l’agire, ma anche il sentire. Agire e sentire sono sempre correlati con l’attività del cervello.

Il cervello dei santi, quello che trasforma la vita, ha portati i santi a contemplare Gesù, fino a sentire la congenialità con lui. In alcuni casi, come fu per le stimmate di Francesco d’Assisi, dal cervello gli stimoli passarono anche a influire sulla carne: fu dono di Dio a un corpo già predisposto.

Perciò l’ascolto della parola di Dio, è un passo necessario per plasmare il cervello, e, con esso, il sentire, il fremere, il vivere della persona umana.

L’incontro assiduo con il Vangelo, trasformò Antonio di Padova nel “Dottore evangelico”, Francesco in stigmatizzato.

GCM 08.07.06