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Pregare 3

19.03.12

Se tutta la vita è vivere nel Padre, e, in  definitiva,è preghiera, l’ideale sarebbe quello di passare tutta la vita nel pregare. Ho conosciuto una  persona, che passava sui banchi della chiesa ogni momento libero, e quando doveva lavorare, accompagnava le sue azioni con un continuo sottofondo di canzoni religiose. Un tormento per sé e per chi era costretto a convivere con lui.

Questa facile confusione tra preghiera e pregare può rendere la vita incancrenita e superficiale, solitaria e chiusa in sé.

No: preghiera non è pregare, e pregare non è formuleggiare.

Tutta la vita è preghiera, ma non preghiere. “Sia che mangiate sia che beviate fatelo nel nome del Signore”.

I momenti dedicati alla preghiera, pochi o molti, da soli o con altri, sono lo sfogo cosciente della reghiera continua, freatica.

E’ il fiume dello Spirito, che zampilla nella coscienza, nel cuore, nell’incontro comunitario, la Messa in primo piano.
La preghiera è lo  sfogo visibile della fede in Gesù. Chi crede in  lui ha una corrente di acqua viva, che sprizza verso il cielo.

Non, quindi, pronunciar preghiere, ma diventar preghiera, questo si diceva di S. Francesco.

La preghiera è il divertimento del cuore, che gioca con Dio. Perciò essa richiede la familiarità con Dio. Viverlo per quello che Egli è e vuole essere per noi: Padre.

Se gli autori antichi hanno parlato di “pericoresi trinitaria” (danza  a tre), perché non vivere la nostra preghiera come in cielo così in terra? Partecipare, per dono dello Spirito  Santo, alla danza di Dio?

Tutta la nostra vita, anche quando non ce n ‘accorgiamo, è un essere travolti nella  dinamica, di nostro Padre, di nostro fratello Gesù, dello Spirito Santo.

GCM 31.08.11